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Amarcord … via D’Azeglio Nei primissimi anni ‘50 i miei nonni materni abitavano al numero 9 di via Massimo D’Azeglio, in un caseggiato che, tutt’oggi esistente, ha conservato il suo originario, solido aspetto di casa “borghese” d’altri tempi. In quegli anni - gli sgoccioli dei ’40 - abitavo in corso Alfieri, in un caseggiato al posto del quale ora vi è una banca; c’era un balcone, ma piuttosto angusto e papà temeva mi sporgessi troppo e non mi lasciava curiosare guardando da quell’osservatorio al terzo piano. Dai nonni, invece, poter uscire sulla terrazza era una festa che mi riempiva di gioia ad ogni piccola scoperta: i grandi vasi di gerani, quelli più piccoli di primule dai colori vivacissimi, la bella balaustra in ferro battuto cui mi avvicinavo, un po’ timorosa, per dare dall’alto un’occhiata alla via erano piccole cose che mi incuriosivano. Su tutte queste sensazioni una si imponeva: la gioia di godere della visuale stupenda della Torre Troyana. Il rosso dei mattoni, le strette bifore ai diversi piani, la lanterna alla sommità mi colpivano ogni volta che, mentre la nonna e la mamma chiacchieravano in cucina, uscivo sul terrazzo. C’era, inoltre, un momento speciale: la sera. Quando la luce diventava più tenue era il momento delle rondini. Compivano, velocissime, i loro voli tutt’intorno alla piazza e alla Torre, cinguettando rumorosamente e compiendo piroette che mi lasciavano incantata. Osservare quelle evoluzioni sui tetti, attorno al monumento centrale, verso i palazzi della piazza era un divertimento sempre nuovo e affascinante che non mi stancava mai, tanto che, al momento di rincasare, provavo ogni volta molto rincrescimento. Col passare del tempo, dalla terrazza ho fatto un’altra scoperta, destinata a divenire molto significativa ed importante per me: dalla terrazza si potevano vedere alcuni balconi del palazzo la cui facciata è in piazza Medici. Una di esse era solo parzialmente osservabile dalla posizione in cui ero. Si trattava della terrazza dell’appartamento delle professoresse Enrica e Elda Jona, conoscenti dei nonni e dei miei genitori, che crescendo - avrei avuto modo di conoscere, apprezzare, ammirare e di cui conservo un ricordo vivissimo. Oggi, quando passo per questa via, alzo ancora gli occhi verso i due terrazzi e, nonostante le differenze con “ieri”, non provo altro che gioia. Silvia Accomazzo
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