La nazione dei cavoli … propri
L’Italia
non
è
una
nazione,
ma
un
agglomerato
di
circa
60
milioni
di
persone
ciascuna
delle
quali
si
fa
i
“cavoli
suoi”.
Lo
dico
con
dispiacere
e
rabbia,
constatandolo
ogni
giorno.
Qualche
mattina
fa,
infatti,
mi
sono
recata
all’Inps
della
città
in
cui
vivo
dove
ho
trovato
un
usciere
che,
con
malagrazia
e
supponenza,
mi
ha
detto
che
per
sbrigare
la
mia
pratica
dovevo
andare
alla
Asl.
Nel
frattempo
ho
notato
(non
era
possibile
non
farlo)
l’aiuola
di
fronte
agli
uffici
che,
oltre
a
essere
incolta
era
piena
di
sporcizia
di
ogni
tipo.
Arrivata
alla
Asl
sono
stata
accolta
da
un’impiegata
la
quale,
con
appena
un
poco
meno
di
malagrazia
rispetto
all'usciere
dell'Inps,
mi
ha
detto
che
dovevo
produrre
una
ulteriore
documentazione
e
quindi
attendere
che
la
richiesta
fosse
accolta.
Subito
mi
sono
scoraggiata,
ma
poi
ho
deciso
di
far
valere
almeno
una
ragione:
cioè
che
segnalassero
ai
dirigenti
il
disservizio.
Io,
infatti,
avevo
telefonato
in
precedenza
per
informarmi
su
cosa
servisse
per
sbrigare
la
mia
pratica:
prima
mi
aveva
risposto
un
impiegato
che
“non
sapeva”,
poi
mi
ha
passato
una
collega
che
–
evidentemente,
visti
i
risultati
-
sapeva
ancora
meno.
Io,
per
fortuna,
posso
muovermi
autonomamente
e
quindi
ritornare
con
il
certificato
richiesto,
ma
una
persona
anziana
e
sola?
L’abbandono
e
l’incuria
in
cui
sono
lasciate
le
zone
pubbliche,
l’arroganza
e
il
fastidio
che
mostrano
molti
(non
tutti,
per
fortuna)
impiegati
pubblici
nei
confronti
degli
utenti
(peraltro
loro
datori
di
lavoro),
credo
che
siano
frutto
di
disamore,
prima
di
tutto
verso
sé
stessi.
L’Italia
non
si
ama,
gli
Italiani
si
sentono
orfani
di
una
Storia
comune,
di
un’appartenenza,
di
un
senso
d’identità.
Siamo
uno
Stato
giovane,
unito
solo
geograficamente
e
fondato
sulla
riunione
(annessione?)
di
tanti
piccoli
stati
con
popolazioni
diverse
tra
loro,
e
già
ci
troviamo
disciolti
nell’era
globale:
dal
“paese”
al
“mondo”.
Ci
vorrà
tempo,
quindi,
prima
che
si
riesca
ad
acquisire
una
vera,
consolidata
identità
nazionale,
e
forse
passeremo
direttamente
all’internazionalità.
Ma,
nel
frattempo, perché non possiamo trovare tra noi motivo di autostima e di rispetto reciproco?
Nadia Mai