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Rivista online del Cepros Asti - OdV

Redazione: Palazzo Ottolenghi, C.Vittorio Alfieri, 350, 14100 , Asti.

Reg. Tribunale di Asti n. 1373/14 del 20 Ottobre 2014 Direttore Responsabile: Alessia Conti
Indice
Il commento a “Cultura e Politica” di PDB L’auspicato ritorno al primato dell’etica Socrate sostiene che chi conosce il bene fa il bene e che chi fa il male lo fa perché non conosce il bene: l’ignoranza è l’origine del male. Platone nella Repubblica afferma che i filosofi devono assumere il governo della città per il bene di questa. E l’elenco potrebbe continuare con altre affermazioni consimili nel corso di secoli, che Paolo De Benedetti ha certo ben presenti quando, nel 1952, scrive l’articolo Cultura e Politica qui posto in esergo. Probabilmente gli risuonavano ancora nelle orecchie gli echi nefasti del Manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile ed è fuor di dubbio che conoscesse le posizioni di Jean Paul Sartre, allora simbolo vivente dell’impegno dell’intellettuale: parola che significativamente PDB non usa mai in tutto l’articolo, forse proprio perché troppo ricca di echi sartriani. È del 1945 la conferenza L’esistenzialismo è un umanismo, in cui il filosofo francese esprime la sua convinzione che essere un intellettuale significhi scendere in campo e impegnarsi in prima persona, senza mai rinchiudersi in una torre d’avorio. E invece PDB, palesemente irritato dall’imperativo categorico proclamato dall’onorevole Ermini, si schiera polemicamente su posizioni opposte: rivendica per l’uomo di cultura la facoltà, anzi la necessità di contemplare, ovvero di muoversi in una dimensione antitetica all’impegno politico. Ovviamente è troppo accorto per cadere nello stesso errore che rimprovera al suo interlocutore e precisa che l’uomo di cultura non deve, ma può se animato da una precisa vocazione - darsi alla politica. Ma rintraccia le origini della civiltà europea, dalla Grecia al Cristianesimo, non nell’azione politica, ma nella contemplazione e nella mistica. E non fa venir meno il suo personalissimo tratto di sorridente ironia quando scrive che politica e cultura sono ambedue troppo importanti perché qualcuno possa ‘badare ad entrambe’. Dopo di che pensare a PDB come ad un uomo di cultura rinchiuso nella propria turris eburnea non solo è impossibile, ma suona ridicolo: se è vero che si è mantenuto fedele all’assunto rifuggendo con fermezza ogni proposta di carica pubblica anche solo vagamente politica, è altrettanto vero che ha speso la sua lunga e operosa esistenza impegnandosi nel lavoro e nell’insegnamento, con una dedizione ammirevole e una stupefacente energia. Ma il problema sotteso dall’articolo è oggi più attuale che mai: la fine delle ideologie ha sconfitto Sartre, calando una pietra tombale sul mito dell’intellettuale impegnato. Le nuove piazze virtuali e i nuovi media hanno attratto come falene uomini di cultura, che hanno barattato un primato morale e culturale con le luci del mondo dello spettacolo e danno quotidianamente triste spettacolo di sé: gli esempi si sprecano e non solo nel nostro paese, magra consolazione. Alcuni sono scesi a patti col potere, altri hanno trovato rifugio nelle varie torri d’avorio. E tuttavia non credo si possa fare a meno degli intellettuali, in mancanza di alternative accettabili. Forse sarebbe necessario non soltanto per gli intellettuali, ma per tutti - un ritorno al primato dell’etica, alla condivisione di un sistema di valori da utilizzare per orientarsi nella complessità del mondo contemporaneo. Non in contrapposizione, ma per controbilanciare l’eccesso di forze contrarie che oggi appaiono predominanti, dall’economia all’omologazione culturale allo strapotere dei media. Un’etica del lavoro, dell’impegno a favore degli altri, dell’insegnamento come trasmissione del sapere e dei valori che PDB ha perseguito per tutta la sua esistenza. Donatella Gnetti