Saluto del Direttore La fede nell’incontro Fu Maria ad aprirmi la porta di casa. PDB mi aspettava in salotto, lo intervistai e parlammo a lungo. Ricordo bene quando mi parlò della fede che Dio ha nel breve incontro: “Non dimentichiamolo. Nessuno incontro avviene per caso.” Oggi, mentre scrivo, mi piace pensare che proprio quell’incontro di sette anni fa non avvenne per caso e che il tempo, a posteriori, è la giusta lente che aiuta ad avere la visione completa e a mettere a fuoco il perché, a un certo tratto della strada, ci s’incontri. E’ senza dubbio l’incontro il tesoro del giornalista. Ciò che ognuno lascia, decanta con il tempo e ci si augura sempre che grazie a questi il prodotto si affini e migliori in un continuo divenire. Mentre la gatta Mazzarina s’infilava con agilità nello spazio tra due libri sullo scaffale, PDB mi disse qualcosa che in me decanta ancora oggi. “Io credo che il rapporto con il prossimo, come quello con Dio, stia nelle domande e che, come un buon insegnante, così anche Dio desideri ricevere molte domande”. Ecco riassunto al meglio il senso di IDENTITA’ come io l’intendo: contribuire a suscitare domande più che a fornire risposte e stimolare il gusto per l’approfondimento e per una domanda successiva. Tra i suoi allievi PDB mi disse di ricordare con affetto particolare chi gli poneva molte domande e questo tempo ne suscita certo di più. O almeno dovrebbe. L’identità ha basi solide ma al tempo stesso è qualcosa che evolve e che si costruisce attraverso la curiosità e l’ascolto di chi ha piacere di domandare e insieme a noi di cercare risposte possibili. Per questo primo numero per lo meno lo è per il suo Direttore- abbiamo fatto nostra la suggestione di Maria e il suo interesse per il mondo delle professioni. Come? Domandando, naturalmente. Un foglio d’approfondimento, soprattutto se si chiama Identità , non può prescindere dal tempo in cui vive; i fogli, anche se elettronici, in qualche modo e comunque assorbono. Questo è un tempo duro che ha chiamato qualcuno più di altri a mettere, come mai prima d’ora, la sua professione a servizio delle persone. E’ a loro che abbiamo domandato. Nelle loro parole troverete la “scelta”, “quell’atto su cui si è radicata tutta la Bibbia e che distingue i viventi dal nulla”, come aggiunse PDB quel pomeriggio di sette anni fa. Il mio grazie va dunque alle loro risposte, preziose per tentare di capire un tempo difficile e denso di contraddizioni come questo, a voi lettori, e alle domande che ancora verranno. Alessia Conti
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Rivista online del Cepros Asti - OdV

Redazione: Palazzo Ottolenghi, C.Vittorio Alfieri, 350, 14100 , Asti.

Reg. Tribunale di Asti n. 1373/14 del 20 Ottobre 2014 Direttore Responsabile: Alessia Conti
Vai a “Il cristiano d’oggi di fronte al Natale” di PDB
Intervista a Chiara Saraceno*. Dialogo su questo tempo. Le luci, le ombre Professoressa Saraceno come sarà questo Natale per le famiglie? Io credo che da un lato si sia sovra enfatizzato ciò che non possiamo fare. Non sempre ci sono assembramenti a tavola il giorno di Natale, ci sono sempre state solitudini e anche tensioni. Riunirsi spesso riporta in superficie tensioni famigliari. Luci e ombre insomma. Mi sembra che oggi si evidenziano le luci e si tenda a trascurare quelle ombre che ci sono sempre state. Per i più piccoli che sono abituati alle feste per gli adolescenti sarà magari un sospiro di sollievo- è un po’ una perdita, ma credo si debba considerare una cosa e le faccio un esempio personale. L’altro giorno dicevo a mia figlia: è la tua occasione perché vi inventiate un rito vostro a casa vostra. Ricordo che per tanti anni non ho abitato a Milano dove c'era tutta la mia grandissima famiglia e dovevamo spostarci. Eravamo gli unici e a me ha sempre un pochino seccato il fatto che Natale fosse sempre fuori casa, che non avessimo un nostro rito, un nostro spazio. Per gli anziani che sono abituati ad avere in casa i nipoti in questi giorni c’è il dispiacere e poi, mano a mano che si invecchia, si teme sempre che sia l’ultimo Natale. Il tempo è corto, e c’è la sensazione di perdere cose che forse non si avranno più. Non è solo il Natale, sono le occasioni perse perché pensiamo che magari non saremo nelle condizioni di averle ancora. A proposito del tempo. Con lo smartworking esiste il rischio che il tempo non abbia linee di separazione? Spesso il tempo del lavoro e il tempo della vita famigliare sembrano un filo continuo senza interruzioni. Per quanto mi riguarda si tratta di un’intensificazione. Prima magari viaggiavo di più, se dovevo tenere una conferenza prendevo il treno e in quel tempo, se mi chiamavano, potevo rispondere che ero in treno e che avrei richiamato. Ora ho l'impressione di non potere più difendermi, non si può dire di no. Penso che a lungo andare mi identificherò con lo schermo. Uscire per andare in ufficio, per prendere un treno, andare fuori per una riunione, sono tempi intermedi che non ci sono più, ma non abbiamo guadagnato tempo, questa è la cosa paradossale perché il tempo è invaso di aspettative degli altri riguardo a collegamenti video, webinar, etc…almeno per quello che mi riguarda. Capita che non si riesca a mangiare con i figli perché invasi dal lavoro e questo andrebbe regolato. C’è un problema di regolazione e anche di autoregolazione. Ci deve essere il diritto alla disconnessione a orari chiari. Bisogna imparare a farlo. Oggi, quella che i sociologi hanno chiamato la doppia presenza, è una doppia presenza in contemporanea, non si stacca da una cosa dall’altra, dal lavoro dalle richieste dei figli. Potere uscire di casa e anche che i tuoi figli possano uscire di casa è anche un modo per dare respiro e ritmo. Le donne sono ambivalenti sul lavoro a distanza perché da un lato sembra uno strumento di conciliazione ma può essere anche una trappola. Le donne come ne escono? Non bene. Dalle ricerche che sono state fatte in questo periodo emerge che una porzione, anche elevata, che va dal 40 al 60% (a seconda della ricerca) dei padri, ha aumentato la presenza nella cura dei figli, nel fare la spesa. Accanto a questo dato però c’è anche quello che le donne hanno aumentato del 70% il tempo dedicato alla cura della famiglia, quindi è evidente che il gap rimane. Cosa ne pensa di questa nuova grammatica delle relazioni resa possibile dalla tecnologia, da questi incontri virtuali, della nostra faccia che abbiamo imparato a vedere continuamente sullo schermo? E’ strana. Si assiste a un incremento delle riunioni che tendenzialmente sono più brevi rispetto a quelle in presenza. Ho conosciuto molte persone ma non le ho mai incontrato fisicamente. Posso dire di conoscerle visivamente, cosa che una volta probabilmente non sarebbe accaduta e ci saremmo limitati allo scambio di mail. Certamente la mancanza della presenza -anche di non abbracciare i miei nipotini per esempio- si sente, però dall’altra parte ci si vede di più con chi vive altrove. Penso a mia figlia che vive a Berlino con cui ci vediamo molto di più di prima. È come se l’impossibilità di vederci fisicamente avesse sollecitato l’dea di vederci virtualmente. Come saremo quando tutto sarà finito? Non credo saremo molto diversi. Non ho mai pensato saremmo diventati tutti migliori, come poi si è dimostrato. C’è qualcuno che ha scoperto in riserve di solidarietà ma penso perché le avesse già. Probabilmente ci sarà un tentativo di recuperare le cose perdute seguendo le tracce della nostalgia, ciò che si pensa di avere perduto. Poi si rientrerà in una routine normale con la consapevolezza che molte cose si possono fare a distanza. Questo rimarrà. Alessia Conti *Chiara Saraceno, sociologa, filosofa e accademica italiana