Immagini …
Sono
confuso,
in
un
mondo
dove
tutti
hanno
spesso
ragione
a
seconda
del
punto
di
vista
da
cui
si
guardi
il
discorso.
È
di
questi
giorni
la
polemica
sulle
fotografie,
sorridenti,
postate
su
face
book
da
Doina
Matei,
la
ragazza
rumena
che
nove
anni
fa,
per
futili
motivi,
uccise
con
un
ombrello
una
ragazza
italiana
a
Roma
e
che,
dopo
nove
anni
di
carcere,
nei
modi
e
nei
tempi
previsti
dalla
Legge,
ha
ottenuto
il
trattamento
di
semilibertà.
Ha
ragione
chi
dice
che
l’omicidio
(causato
da
un’ombrellata
che
ha
colpito
la
vittima
nell’occhio,
trapassandole
il
cervello)
non
può
che
essere
considerato
preterintenzionale
(nel
senso
che
non
si
è
partiti
con
la
deliberata
intenzione
di
uccidere),
quindi
punibile
con
una
pena
detentiva
non
lunghissima.
Ma
ha
ragione
anche
chi
sostiene
che,
se
sulla
base
di
una
spinta
si
reagisce
conficcando
un
ombrello
nell’occhio
alla
persona
con
cui
litighi,
devi
mettere
in
conto
che
non
è
esattamente
come
dare
una
spinta
a
tua
volta
e
che
quindi
potenzialmente
colpisci
qualcuno
con
un’arma,
per
quanto
impropria,
quindi
con
la
consapevolezza
che
puoi
uccidere.
Non
sbaglia
chi
dice
che
nove
anni
di
carcere
possono
comunque
cambiare
una
persona,
soprattutto
se
giovane,
considerando
legittimo
di
poter
comunicare
la
propria
gioia
nel
modo
in
cui
lo
fanno
appunto
i
giovani:
tramite
face
book,
su
tutti.
Ma
si
è
comunque
nel
sacrosanto
diritto
–
soprattutto
i
parenti
della
vittima
–
di
sentirsi
addolorati
e
offesi
dall’ostentazione
della
propria
gioia,
da
parte
di
chi
ha
procurato
un
danno
irreversibile
come
la
morte
di
un’altra
persona;
dimostrando
inoltre,
con
un
gesto
del
genere,
pochissima
sensibilità.
È
un
dibattito
aperto,
ovviamente,
dove
i
punti
di
vista
sono
spesso
inconciliabili,
ma
che
lo
stesso
vorrei proporre ai lettori di
Identità
.
Lettera
firmata
.