La tempesta … imperfetta
Sono
rimasta
letteralmente
basita
da
una
recente
quanto
nota
sentenza
di
appello
che
ha
dimezzato
la
pena
inflitta
in
primo
grado
all’assassino
di
una
donna,
perché
costui
l’avrebbe
strangolata
(dopo
un
solo
mese
di
frequentazione),
in
preda
a
‹Una
tempesta
emotiva›
causata
dal
rifiuto
della
povera
vittima
a
proseguire
la
relazione.
Lascio
perdere
le
considerazioni
di
carattere
morale
su
questa
ennesima
abietta
vicenda
di
cronaca
nera,
che
vede
morire
una
donna
per
il
semplice
motivo
che
il
suo
partner
non
“riesce
ad
accettare”
la
fine
del
rapporto.
Mi
limito
tuttavia,
pur
nella
mia
ignoranza,
a
fare
una
semplice
considerazione
pseudo
giuridica.
Delle
due
l’una,
infatti:
o
l’autore
dell’uccisione,
a
causa
della
citata
“tempesta”,
era
in
quel
momento
“incapace
di
intendere
e
di
volere”
-
e
quindi
per
la
Legge
penale
non
può
essere
considerato
colpevole,
con
la
conseguente
assoluzione
(sia
pure
trattenuto
in
ospedale
psichiatrico)
-
oppure,
per
quanto
“emotivamente
scosso”
dal
rifiuto
della
compagna,
l’uomo
era
comunque
in
grado
di
comprendere
che
stava
uccidendo
volontariamente
una
persona.
E
in
tal
caso,
sempre
secondo
me,
andrebbe
allora
condannato
alla
pena
prevista
dal
codice.
Magari
col
riconoscimento
delle
attenuanti
generiche
(che
però
in
tal
caso
dovrebbero
equivalere
alle
aggravanti
per
i
futili
motivi
all’origine
del
gesto:
ha
ucciso
una
donna
con
le
proprie
mani
perché
questa
gli
ha
detto
“basta”!),
ma
mai
tali
da
poterne
dimezzare
(!)
la
pena.
Spero
proprio
che
la
Procura
ricorra
in
terzo
grado
di
giudizio
e
che,
soprattutto,
la
Corte
di
Cassazione faccia vera giustizia.
Doris Dischi
IO LA PENSO COSI'
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12/03/2019
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